sabato 31 dicembre 2011

Riflessione 2011


Trovo sia importante alla fine di ogni anno voltarsi indietro e riflettere per qualche istante sui dodici mesi che sono trascorsi. Un po’ come accade alla fine di una giornata, quando si va a letto, e chiudendo gli occhi, prima di prendere sonno, si vedono scorrere davanti a noi i suoi momenti salienti: non siamo noi a scegliere quali attimi rivivere ma sono loro a riemergere dal buio e scatenare di nuovo in noi delle emozioni. Facendo questo semplice viaggio mentali si ritrovano tutti i suoni, i colori, le emozioni, ricoperti da una patina di nostalgia malinconica. Oggi a maggior ragione mi sento di fare ciò per l’ anno 2011 che è stato certamente il più intenso della mia vita fino ad oggi. E’ stato l’ anno della maggiore età, della patente presa, del viaggio a Madrid, dell’ Orientamento Universitario a San Miniato. Un anno di esperienze insomma, esperienze che, purtroppo, non sono state tutte positive: ci sono lunghi mesi di quest’ anno che rimarranno segnati dalla difficoltà che ho provato in quei momenti per diversi motivi, che mi hanno obbligata a crescere e ridare il giusto peso a tante sentimenti e a tante persone. Il 2011 è stato l’ anno delle speranze, alcune deluse, altre realizzate, l’ anno delle scommesse con me stessa, l’ anno del confronto con tante realtà che credevo non sarei mai arrivata ad affrontare. Mi sono affacciata ad un sogno grazie a San Miniato, mi sono affacciata al mondo grazie a Madrid. Ho potuto conoscere persone stupende e trascorrere con loro una settimana importantissima perché in essa ho intravisto nuovi orizzonti, ho vissuto per venti giorni in Spagna in mezzo a milioni di giovani con cui ho condiviso momento toccanti e irripetibili, accolta e amata da una “mamma spagnola” (cit.). Conservo queste emozioni nel mio cuore legandole a tutti i volti delle persone che maggiormente rappresentano queste situazioni vissute, persone che ringrazio il cielo siano state poste sul mio cammino. Ma il 2011 è stato anche l’ anno delle scoperte, perché viaggiare, mettersi in gioco e guardare aldilà del proprio piccolo mondo, hanno come conseguenza inevitabile conoscere nuove realtà o, ancora meglio, riscoprire persone che già facevano in qualche misura parte della nostra vita ma non si erano rivelate in tutta la loro bellezza. Allora per questo 2012 che sta arrivando, anno di grandi cambiamenti, in cui dovrò prendere decisioni importanti e affrontare sfide piuttosto ambiziose, non posso che augurarmi di avere accanto questi vecchi e nuovi amici, che mi sono stati vicini in questo anno, nei momenti bui e in quelli entusiasmanti, per poter iniziare con loro il cammino verso questa nuova vita.
 “Cerchiamo di godere intensamente della compagnia degli amici perché non sappiamo fino a quando potremo goderne. Troppe volte forse li abbimo lasciati soli per intraprendere un viaggio e tanto spesso, pur trovandoci nella stessa città, non li abbiamo visti”. (Seneca)

Buon 2012 a tutti!

sabato 17 dicembre 2011

Ricordi di Natale


Se ci pensi ancora la senti l’ attesa,
il Natale passato chiuso nei giochi che tieni in cantina,
e questi giorni che brillano al calore vitreo delle luci dorate
sembrano staccare le difficoltà dalla magia della veglia
e nasconderle là dove il vento freddo non le possa trovare,
torneranno forse, spinte dagli ultimi mesi d inverno
ma noi ci faremo piccoli
e ci stringeremo di nuovo in quella grotta,
al caldo aspetteremo le lunghe giornate d' estate
nelle sere d' agosto volgeremo gli occhi al cielo e le stelle, quelle vere,
ci faranno compagnia.
                                                                           19/12/08

giovedì 8 dicembre 2011

Misologia e Misantropia

Socrate: «Prima di tutto bisogna stare attenti che non ci succeda qualche guaio». Fedone: «E quale?» domandai. «Che non diventiamo dei misologi, come certi che diventano misantropi. Non c'è male peggiore che questo di odiare ogni discussione. Misologia e misantropia nascono nello stesso modo. La misantropia nasce quando si è riposta eccessiva fiducia in qualcuno, senza conoscerlo bene, ritenendolo amico leale, sincero, fedele mentre poi, a poco a poco, si scopre che è malvagio e infido, un essere del tutto diverso. Quando questa esperienza si ripete più volte, specie con quelli che stimavamo più fidati e più amici, si finisce, dopo tante delusioni, con l'odiare tutti e col credere che in nessun uomo vi sia qualcosa di buono. Non succede così?» «Proprio così» risposi. «E non è ingiusto, questo? Non è forse vero che chi si comporta così evidentemente vive tra gli uomini senza averne nessuna esperienza? Se infatti li conoscesse appena, saprebbe che son pochi quelli veramente buoni o completamente malvagi e che per la maggior parte, invece, sono dei mediocri». «In che senso?» ribattei. «È lo stesso delle cose molto piccole e molto grandi. Credi forse che sia tanto facile trovare un uomo o un cane o un altro essere qualunque molto grande o molto piccolo o, che so io, uno molto veloce o molto lento o molto brutto o molto bello o tutto bianco o tutto nero? Non ti sei mai accorto che in tutte le cose gli estremi sono rari mentre gli aspetti intermedi sono frequenti, anzi numerosi?» «Ma certo» riconobbi io. «E non credi che se si facesse una gara di malvagità, pochissimi arriverebbero tra i primi?» «È probabile» ammisi. «Altro che» disse. «Ma su questo punto, non si può fare un parallelo tra le discussioni e gli uomini. Il fatto è che tu hai continuato a discutere e io ti son venuto dietro. Si può vedervi una relazione, invece, in questo senso, quando uno presta, cioè, troppa fede a una tesi e la ritiene buona senza conoscerla a fondo e poi in un secondo momento, gli sembra falsa, a volte anche a ragione, ma a volte a torto, e quando questo gli capita spesso... Tu sai bene che quelli che si perdono in discussioni sul pro e sul contro finiscono col credersi dei sapientoni e di essere i soli ad avere intuito che niente a questo mondo, e tanto meno le discussioni, è stabile e sicuro, e credono che tutto, come nell'Euripo, vada su e giù, senza sosta, senza un momento di tregua» «È proprio vero, è così !» affermai. «Ebbene, Fedone» riprese, «sarebbe una cosa veramente deplorevole se, con tutte le tesi vere e sicure che vi sono e vengono riconosciute tali, soltanto per il fatto che ci si imbatte in altre che, pur essendo sempre le stesse, ora ci sembrano vere ora false, si finisse col dare la colpa non a se stessi e alla propria incapacità ma, per la stizza, agli argomenti e si passasse tutta la vita a odiare e maledire ogni discussione privandoci, così, della verità e della conoscenza della realtà».

(Cap. 39 dal Fedone di Platone)

domenica 4 dicembre 2011

The eye of the Mind (Riflessioni a tempo perso)


Dopo aver superato gli ostacoli letterari imposti dalla scuola, visitato Aci Trezza e "maledetto" Giovanni Verga, ho deciso di dedicarmi ad un libro a mia scelta. Ho deciso di dedicarmi ad uno di quelli che si incrociano con lo sguardo durante le giornate, li intravedi sulle mensole, nella loro posizione tristemente ornamentale, e accade che alcuni di loro emanino una fascino inspiegabile, che prima o poi ti porta ad aprirli. E’ accaduto così per Cecità di Josè Saramago, un “romanzo importante”, un libro che a detta di molti ha lasciato un segno nella letteratura contemporanea: consapevole di andare incontro ad un opera dal contenuto piuttosto impegnativo e con una trama spesso caratterizzata da crudezza e violenza, ho iniziato la lettura, fiduciosa che l’ aspetto poetico e allegorico mi avrebbero aiutato a sopportare il peso del racconto. Per ora le mie aspettative si stanno rivelando esatte, il libro è certamente impegnativo, ma Saramago riesce, con un qualcosa di magico, a tirare di forza il lettore nella storia. Non voglio però soffermarmi sul contenuto del libro piuttosto su una frase che prelude al romanzo: “Se puoi vedere guarda, se puoi guardare osserva”. Nasce da questo spunto la riflessione che espongo in queste righe, considerando che il libro parla della perdita della vista, mi  è parso quasi naturale intendere che il “vedere” di cui si parla trascenda il suo solito significato per guidare il lettore nel comprendere come spesso il mondo manda segnali che non si possono captare come si fa con un immagine. Come ha detto qualcuno prima di me “Non si vede bene che col cuore, l’ essenziale è invisibile agli occhi”, ma cos’ è questo essenziale? L’ essenziale è quel qualcosa che arriva dritto allo stomaco, è una vibrazione che non può essere mediata se non con l’ emozione. Abbiamo gli stessi amici da anni, ma quanto spesso accade di non apprezzarli veramente, talvolta è difficile riscoprire quel legame che ci unisce, perché nascosto dal tempo, dal rancore, dall’ abitudine. Per proteggerci da qualcosa o qualcuno che, sappiamo, ci farà stare male, non lo guardiamo negli occhi, ma nell’ attimo in cui abbassiamo le difese, quella stessa vibrazione che ce n’ ha fatto innamorare, ci rimbomba dentro e non possiamo far finta che di non averla sentita. Succede lo stesso quando parliamo del passato, ripercorriamo episodi a cui non abbiamo assistito e non è facile immaginare quando e come siano accaduti perché non ne abbiamo avuto esperienza diretta, ma basta trovare una foto che ritragga la nostra città, distrutta dai bombardamenti, in cui però sullo sfondo intravediamo un edificio, un monte, un monumento noto, per capire come quell’ oggetto c’ era prima e c’ è ancora, eravamo noi a non essercene accorti. La realtà che si “vede” in questo senso non conosce tempo, è quella creata dalle emozioni delle persone di ogni epoca: le poesie, le storie, le canzoni, i quadri emanano sensazioni sempre vive e moderne, che fanno parte di questo “altro mondo”, una fonte da cui tutti possiamo attingere, e che è inesauribile, perché continuamente alimentata da chi riesce a “guardare” alla realtà cogliendone i legami, da chi la “osserva” non limitandosi così più a vivere, ma a far risuonare se stesso nell’ arte.

martedì 22 novembre 2011

Alda Merini

"A tutti i giovani raccomando: 
aprite i libri con religione, 
non guardateli superficialmente,
perché in essi è racchiuso 
il coraggio dei nostri padri. 
E richiudeteli con dignità 
quando dovete occuparvi di altre cose.
Ma soprattutto amate i poeti. 
Essi hanno vangato per voi la terra 
per tanti anni, non per costruivi tombe, 
o simulacri, ma altari.
Pensate che potete camminare su di noi 
come su dei grandi tappeti 
e volare oltre questa triste realtà 
quotidiana."
                                                          ( da "La vita facile")

giovedì 17 novembre 2011

Confessione


Se guardo bene dentro di me, nel silenzio della stanza, vedo la certezza profonda di dover trovare un senso alla mia vita tramite le parole. Perché non è esauriente parlare della vita in senso lato, è strettamente necessario parlarne non come entità unica e complessa, ma come un insieme denso e pulsante di avvenimenti diversi. E allora la persona che ora sta scrivendo, tra vent’ anni conserverà dentro di se la stessa essenza che ora la contraddistingue ma che sarà stata arricchita e plasmata dalle emozioni vissute nel tempo. Scrivo per non perdere la traccia di ciò che sono e di ciò che diventerò, scrivo con il terrore crescente di non essere all’ altezza di farlo, ma provo liberazione nell’ ordinare e riversare su questo foglio le mie più grandi sensazioni, perché scrivere come sto facendo io ora, è liberarsi da ogni freno, è pensare che non tutto ciò che mi circonda finirà, è la convinzione più profonda ed efficace che si possa andare oltre le nostre semplici azioni di ogni giorno e che a noi sia ancora aperta una strada verso una dimensione più bella e più nobile. Non so dire di più, non so spiegare quale sia, per me oggi è l’ idea che la mia vita non debba essere come tutte le altre, io voglio sentirmi presente, voglio potermi capire quanto basta per intrappolare i miei pensieri su di un foglio vuoto e farne una confessione indomita e forse ingenua a me stessa, e a chiunque creda che sia ancora possibile e giusto rischiare sognando.

mercoledì 2 novembre 2011

Alluvione


Quando nei giorni scorsi pensavo a quanto è successo ad Aulla, mi limitavo a costruire nella mia mente una sequenza di immagini viste in televisione, scorci, spezzoni, frammenti di una realtà trasformata, ma ciò che veramente fa capire cosa è accaduto, è stato scendere dal treno e cominciare a sentire il fango sotto i piedi. Ancora lontana dal centro mi infilo gli stivali, mi guardo attorno, la prima mattina di novembre è resa tiepida dal sole ma opaca dalle polveri che si diffondono dalle strade. La città è un cantiere aperto, ovunque ruspe, camion, volontari con pale e caschetti.  Sui muri resta il segno di dove è arrivata l’ acqua, metri e metri sopra l’ argine di un Magra che oggi è ridotto ad un fiumiciattolo, dentro alle case il fango impasta i ricordi e sommerge la quotidianità. Aiuto a togliere il fango da un garage, portiamo via carriole piene di cassette, scarpe,  giocattoli, tutto quello che emerge da una coltre di melma che arriva alle caviglie. Sui volti della gente la tristezza per questo fango che sembra non finire mai, che occupa ogni centimetro del pavimento della scuola elementare, irriconoscibile, tanto da apparire abbandonata da anni, se non fosse per i pennarelli che ogni tanto ci capitano tra le mani a ricordarci come solamente pochi giorni fa, questa città aveva un altro volto. L’ acqua ha agito come un evento inatteso, che arriva all’ improvviso travolgendo tutto ciò che da tempo campeggia nella nostra mente, spazza via le cose troppo vecchie e fragili, confonde la verità, nasconde le certezze.  La natura, così come la vita, non hanno i nostri ritmi e sono pronte a cambiare quando noi stiamo ancora cercando di apprezzare ciò che abbiamo. Ma se si decide di non lasciarsi portare via dalla corrente, l’ unica cosa che si può fare è cercare di ripartire, ritrovando il pavimento che, sotto al fango, c’ è ancora, ripulendo le piazze per nuove giornate, facendo spazio nella testa per nuove emozioni, da mettere accanto a quanto ha resistito all’ alluvione.  Ciò che mi porto dentro da questa giornata ad Aulla è l’ assenza di parole, non posso dire silenzio perché la mancanza dei rumori del  traffico era compensato dal fragore delle macchine, ma il lavorare intensamente con una persona sconosciuta e sentire che in quel momento non c’ è bisogno di dire nulla. Tornata a casa però mi sono venute in mente le parole di Roberto Saviano, che, parlando di cosa vuol dire scrivere, ha detto: “Tutto quello che vivi lo vivi perché pensi possa arrivare un giorno il tempo di raccontarlo”. Sento profondamente mie queste parole, per come sottolineano che prima di scrivere bisogna fare esperienze e  per come suggeriscono che raccontare è il primo passo per non dimenticare. 

domenica 30 ottobre 2011

Temporale

Dove nascono le nuvole?
Le conosci solo quando sono già arrivate, nere, altere, pesanti. Si spingono, si reggono, si fondono in un' unica macchia che immensa aleggia sopra la tua testa, ed è proprio quando distogli lo sguardo che la pioggia ti sorprende con la sua fredda insistenza. Allora non resta che attendere e cercare riparo negli angoli più intimi e protetti, lontano dal freddo, lontano dall' umido che si attacca alla pelle. Oppure le vedi passare in silenzio, animate solo dal vento che le spinge a sorpassare le cime più alte, dove non sai se lasceranno lacrime. Rimmarrà di quel giorno un ricordo appannato, come di un tempo passato nell' attesa di volgersi, e ritrovare il sereno.

Pensiero notturno

A volte la mia mente ti oscura, ti mette in un angolo, appannando la tua immagine, sommergendola con mille altre idee. Ti vedo, ti sento, ma non mi risuona dentro la tua presenza. Poi, d' un tratto, attraversi la coltre di buio, il tuo sguardo mi sorprende e mi ritrovo indifesa. So che dovrei distogliere lo sguardo, ma non ci riesco e sono persa, tristemente ingenua, come chi non vuole aprire gli occhi per non svegliarsi da un sogno bellissimo e non capisce che la realtà ha già preso il sopravvento.

mercoledì 19 ottobre 2011

E sempre bella era: il vento le scopriva il corpo,
spirandole contro gonfiava intorno la sua veste
e con la sua brezza sottile le scompigliava i capelli
rendendola in fuga più leggiadra. Ma il giovane divino
non ha più pazienza di perdersi in lusinghe e, come amore
lo sprona, l’incalza inseguendola di passo in passo.
Come quando un cane di Gallia scorge in campo aperto
una lepre, e scattano l’uno per ghermire, l’altra per salvarsi;
questo, sul punto d’afferrarla e ormai convinto
d’averla presa, che la stringe col muso proteso,
quella che, nell’incertezza d’essere presa, sfugge ai morsi
evitando la bocca che la sfiora: così il dio e la fanciulla,
un fulmine lui per la voglia, lei per il timore.
Ma lui che l’insegue, con le ali d’amore in aiuto,
corre di più, non dà tregua e incombe alle spalle
della fuggitiva, ansimandole sul collo fra i capelli al vento.
Senza più forze, vinta dalla fatica di quella corsa
allo spasimo, si rivolge alle correnti del Peneo e:
«Aiutami, padre», dice. «Se voi fiumi avete qualche potere,
dissolvi, mutandole, queste mie fattezze per cui troppo piacqui».
Ancora prega, che un torpore profondo pervade le sue membra,
il petto morbido si fascia di fibre sottili,
i capelli si allungano in fronde, le braccia in rami;
i piedi, così veloci un tempo, s’inchiodano in pigre radici,
il volto svanisce in una chioma: solo il suo splendore conserva.
Anche così Febo l’ama e, poggiata la mano sul tronco,
sente ancora trepidare il petto sotto quella nuova corteccia
e, stringendo fra le braccia i suoi rami come un corpo,
ne bacia il legno, ma quello ai suoi baci ancora si sottrae. E sempre bella era: il vento le scopriva il corpo,
spirandole contro gonfiava intorno la sua veste
e con la sua brezza sottile le scompigliava i capelli
rendendola in fuga più leggiadra. Ma il giovane divino
non ha più pazienza di perdersi in lusinghe e, come amore
lo sprona, l’incalza inseguendola di passo in passo.
Come quando un cane di Gallia scorge in campo aperto
una lepre, e scattano l’uno per ghermire, l’altra per salvarsi;
questo, sul punto d’afferrarla e ormai convinto
d’averla presa, che la stringe col muso proteso,
quella che, nell’incertezza d’essere presa, sfugge ai morsi
evitando la bocca che la sfiora: così il dio e la fanciulla,
un fulmine lui per la voglia, lei per il timore.
Ma lui che l’insegue, con le ali d’amore in aiuto,
corre di più, non dà tregua e incombe alle spalle
della fuggitiva, ansimandole sul collo fra i capelli al vento.
Senza più forze, vinta dalla fatica di quella corsa
allo spasimo, si rivolge alle correnti del Peneo e:
«Aiutami, padre», dice. «Se voi fiumi avete qualche potere,
dissolvi, mutandole, queste mie fattezze per cui troppo piacqui».
Ancora prega, che un torpore profondo pervade le sue membra,
il petto morbido si fascia di fibre sottili,
i capelli si allungano in fronde, le braccia in rami;
i piedi, così veloci un tempo, s’inchiodano in pigre radici,
il volto svanisce in una chioma: solo il suo splendore conserva.
Anche così Febo l’ama e, poggiata la mano sul tronco,
sente ancora trepidare il petto sotto quella nuova corteccia
e, stringendo fra le braccia i suoi rami come un corpo,
ne bacia il legno, ma quello ai suoi baci ancora si sottrae.


(Le Metamorfosi, Ovidio) -Apollo e Dafne-

giovedì 6 ottobre 2011

Elogio di un genio moderno

Qualche settimana fa, mi era capitato per caso di ascoltare il video del discorso di Steve Jobs a Stanford. Chiamato a rivolgersi ai dei neolaurati, il creatore di Macintosh, il non - laureato, uomo di successo Steve Jobs cattura per quindici minuti gli ascoltatori con un monologo unico nel suo genere, perfetta mescolanza di autubiografismo e filosofia, "sogno americano" e disillusione di chi ha visto la sua vita sul procinto di finire più volte: per crisi, frustrazioni, malattie. Wikipedia, (che sì, per ora è ancora aperta) lo definisce "imprenditore e informatico statunitente", ma è certamente la prima componente che lo ha reso grande: Jobs non è un nerd che trascorre i suoi pomeriggio rinchiuso in un mondo virtuale, è un giovane disorientato come tanti altri che finito il liceo non sa che fare della sua vita. E' in questo bivio che emerge il suo essere intraprendente, Jobs fa fruttare i suoi interessi, triplica le sue quotazioni personali, inventa l' Apple II, il primo personal computer, fonda Macintosh viene cacciato dalla sua stessa azienda, cade, intuisce il valore culturale ed economico di Pixar, NeXt e le acquista per poi rivenderle e sfruttare quanto imparato  e rendere sempre più grande la linea Apple. Come tutte le grandi azioni, le sue mosse hanno comportato numerose e varie conseguenze, e come tutte le grandi imprese non si sa bene se chi le ha compiute si sarebbe immaginato tutto ciò che ne è derivato: da universitario fallito Steve è il padre putativo di internet, una delle menti che hanno reso il mondo sempre più globale astratto e personale. La musica da tenere in tasca,  internet sempre a portata  mano, i libri digitali, sono i primi frutti di una mentalità nuova che varca i limiti della comunicazione e della condivisione, sono la forza che tiene Jobs dal non franare nella retorica durante il suo discorso: la pragmaticità.


Quando avevo 17 anni, lessi un brano che diceva più o meno: "se vivi ogni giorno come se fosse l'ultimo, prima o poi lo sarà veramente". Rimasi impresso, e da allora, per gli ultimi 33 anni, ho guardato nello specchio ogni mattina e mi sono chiesto: "se oggi fosse l'ultimo giorno della mia vita, vorrei veramente fare quello che sto per fare oggi?" E ogni volta che la risposta fosse "No" per troppi giorni di seguito sapevo di aver bisogno di cambiare qualcosa. Ricordare che morirò presto è stato lo strumento più importante che mi ha consentito di fare le scelte più grandi della mia vita. Perchè praticamente tutto - tutte le aspettative, l'orgoglio, le paure di fallire - tutte queste cose semplicemente svaniscono di fronte alla morte, lasciandoci con quello che è veramente importante. Ricordarsi che moriremo è il modo migliore che conosco per evitare le trappola di pensare di avere qualcosa da perdere. Siete già nudi. Non c'è nessun motivo per non seguire il vostro cuore."

La genialità di Jobs pone le sue basi su questa voglia di rischiare, di andare oltre: a quello che è sicuro per cercare ciò che è incerto ma rende felici, a ciò che già esiste per cercare qualcosa di meglio e vivere sempre con coraggio e intraprendenza. Per dirla a modo suo "Stay hungry stay foolish".




 

martedì 4 ottobre 2011

Emozione


La poesia è un viaggio dentro il mondo,
che prezioso si ripara dietro all’ evidenza.
E’ discesa, profonda e dolorosa,
dall’ impalpabile che subito si coglie
all’ essenza dell’ emozione più remota,
che dà magia alla nostra vita
e vola, insieme a noi.

                                                          Irene  09-05-2010

Dedica


Nel bianco silenzio che prelude all’ avventura,
adagio il tuo nome.
Perché il viaggiatore ricordi
che il cammino a cui si appresta
è illuminato dal tuo sorriso.
                                                                 Irene 21 – 1- 2011

JMJ Madrid 2011

Vi posto ora un pezzo che ho scritto dopo l' esperienza della giornata mondiale della gioventù che si è svolta a Madrid nell' agosto di quest' anno. Certamente una delle esperienze più importanti della mia vita.


"Siamo tornati a casa da quattordici ore, meno del tempo che abbiamo trascorso su quel pullman che ci ha portato via da Madrid. Le immagini, le parole, i suoni di questi giorni continuano ad affollare la mia mente,  a riempire i miei occhi. E’ stata la mia prima Gmg, ho cercato di partire senza alcuna aspettativa, fidandomi completamente di Dio, del fatto che tutto ciò che avrei incontrato sarebbe stato un dono ed avrebbe avuto un senso: così è stato, le mie esperienze di fede precedenti, le più forti, avevano avuto come caratteristica principale l’ intensità, il servizio, il silenzio. Madrid invece è stato un capitolo nuovo nella mia vita di credente, ho presto capito che di silenzio ce ne sarebbe stato poco, la concentrazione sarebbe stato un qualcosa di raro, da conquistarsi pian piano. La Gmg è stato l’ incontro con un Dio diverso, il Dio dell’ allegria, della festa che non è solo la libertà di cantare in metropolitana, di salutarsi senza conoscersi, di ridere e scherzare con tutti, è la festa del capire che sei legato a milioni di volti da un qualcosa di più profondo dell’ origine. Chi è dunque Cristo per noi? Monsignor Tettamanzi ci ha fatto più volte questa domanda, Cristo per me è ciò che da senso a questa esperienza, perché è ciò che mi lega a tutti i volti che ho incontrato. Grazie a quale altra garanzia una signora avrebbe aperto la sua casa a sei ragazze mai viste prima? In base a cosa avremmo dato una mano a un ragazzo sconosciuto? Perché ci saremmo riappacificate con persone con le quali non si condivide neanche la lingua?. E’ questa la più grande magia di Madrid, l’ unione profonda che si è manifestata la notte della veglia, quando i nuvoloni neri si sono avvicinati, accesi dai lampi, spinti dal vento, quando l’ elettricità è saltata, quando l’ euforia avrebbe potuto trasformarsi in panico, quando però qualcosa è scattato e ce l’ abbiamo fatta. “Sembra stia smettendo di piovere, le vostre preghiere vengono ascoltate, continuate a pregare!”. Allora ha avuto senso tutto il resto, l’ aver sofferto ore di caldo torrido per fare catechesi insieme, l’ aver camminato in lungo e in largo, l’ aver vinto il sonno e la sete: tutto è tornato, tutto ha avuto valore perché racchiuso nella gioia dello stare insieme in nome di una fede e di una speranza più grandi. “Non è facile essere amici per dieci giorni” non è facile, convivere per dieci giorni, sorreggersi, attendersi, spronarsi finendo per capire quante cose diamo per scontate, quanti atteggiamenti non avevamo calcolato, quante persone avevamo sottovalutato: dunque è vero, possiamo dire “Cristo è colui che fa conoscere l’ uomo all’ uomo” e quel cuore, che avevamo lanciato oltre il muro, con tanta fatica e tante emozioni, ce lo siamo davvero ripreso.
Grazie a tutti"

Mi presento...

Chi mi conosce bene sa che da parecchi anni, alla domanda "Cosa vuoi fare da grande?" io, con un misto di timore e sfida, rispondo "scrivere". All' inizio di questo anno scolastico così particolare, l' ultimo, alla fine del quale dovrò fare delle scelte davvero importanti per il mio futuro, ho deciso di creare uno spazio in cui riversare i miei pensieri, i miei scritti e quindi le mie esperienze e i miei sogni. Non so bene dirvi qual è il genere che mi rappresenta, non so bene spiegare "cosa" scrivo ma posso dirvi che lo faccio perchè nella scrittura l' emozione non stoppa le parole, ma le abita e le illumina...Scrivere è un modo per fermare gli attimi e raccontare è certamente una delle cose più belle del mondo.
Grazie a tutti coloro che vorrano leggere, sbirciare, commentare qualcosa di ciò che pubblicherò qui dentro. Irene.