sabato 31 dicembre 2011

Riflessione 2011


Trovo sia importante alla fine di ogni anno voltarsi indietro e riflettere per qualche istante sui dodici mesi che sono trascorsi. Un po’ come accade alla fine di una giornata, quando si va a letto, e chiudendo gli occhi, prima di prendere sonno, si vedono scorrere davanti a noi i suoi momenti salienti: non siamo noi a scegliere quali attimi rivivere ma sono loro a riemergere dal buio e scatenare di nuovo in noi delle emozioni. Facendo questo semplice viaggio mentali si ritrovano tutti i suoni, i colori, le emozioni, ricoperti da una patina di nostalgia malinconica. Oggi a maggior ragione mi sento di fare ciò per l’ anno 2011 che è stato certamente il più intenso della mia vita fino ad oggi. E’ stato l’ anno della maggiore età, della patente presa, del viaggio a Madrid, dell’ Orientamento Universitario a San Miniato. Un anno di esperienze insomma, esperienze che, purtroppo, non sono state tutte positive: ci sono lunghi mesi di quest’ anno che rimarranno segnati dalla difficoltà che ho provato in quei momenti per diversi motivi, che mi hanno obbligata a crescere e ridare il giusto peso a tante sentimenti e a tante persone. Il 2011 è stato l’ anno delle speranze, alcune deluse, altre realizzate, l’ anno delle scommesse con me stessa, l’ anno del confronto con tante realtà che credevo non sarei mai arrivata ad affrontare. Mi sono affacciata ad un sogno grazie a San Miniato, mi sono affacciata al mondo grazie a Madrid. Ho potuto conoscere persone stupende e trascorrere con loro una settimana importantissima perché in essa ho intravisto nuovi orizzonti, ho vissuto per venti giorni in Spagna in mezzo a milioni di giovani con cui ho condiviso momento toccanti e irripetibili, accolta e amata da una “mamma spagnola” (cit.). Conservo queste emozioni nel mio cuore legandole a tutti i volti delle persone che maggiormente rappresentano queste situazioni vissute, persone che ringrazio il cielo siano state poste sul mio cammino. Ma il 2011 è stato anche l’ anno delle scoperte, perché viaggiare, mettersi in gioco e guardare aldilà del proprio piccolo mondo, hanno come conseguenza inevitabile conoscere nuove realtà o, ancora meglio, riscoprire persone che già facevano in qualche misura parte della nostra vita ma non si erano rivelate in tutta la loro bellezza. Allora per questo 2012 che sta arrivando, anno di grandi cambiamenti, in cui dovrò prendere decisioni importanti e affrontare sfide piuttosto ambiziose, non posso che augurarmi di avere accanto questi vecchi e nuovi amici, che mi sono stati vicini in questo anno, nei momenti bui e in quelli entusiasmanti, per poter iniziare con loro il cammino verso questa nuova vita.
 “Cerchiamo di godere intensamente della compagnia degli amici perché non sappiamo fino a quando potremo goderne. Troppe volte forse li abbimo lasciati soli per intraprendere un viaggio e tanto spesso, pur trovandoci nella stessa città, non li abbiamo visti”. (Seneca)

Buon 2012 a tutti!

sabato 17 dicembre 2011

Ricordi di Natale


Se ci pensi ancora la senti l’ attesa,
il Natale passato chiuso nei giochi che tieni in cantina,
e questi giorni che brillano al calore vitreo delle luci dorate
sembrano staccare le difficoltà dalla magia della veglia
e nasconderle là dove il vento freddo non le possa trovare,
torneranno forse, spinte dagli ultimi mesi d inverno
ma noi ci faremo piccoli
e ci stringeremo di nuovo in quella grotta,
al caldo aspetteremo le lunghe giornate d' estate
nelle sere d' agosto volgeremo gli occhi al cielo e le stelle, quelle vere,
ci faranno compagnia.
                                                                           19/12/08

giovedì 8 dicembre 2011

Misologia e Misantropia

Socrate: «Prima di tutto bisogna stare attenti che non ci succeda qualche guaio». Fedone: «E quale?» domandai. «Che non diventiamo dei misologi, come certi che diventano misantropi. Non c'è male peggiore che questo di odiare ogni discussione. Misologia e misantropia nascono nello stesso modo. La misantropia nasce quando si è riposta eccessiva fiducia in qualcuno, senza conoscerlo bene, ritenendolo amico leale, sincero, fedele mentre poi, a poco a poco, si scopre che è malvagio e infido, un essere del tutto diverso. Quando questa esperienza si ripete più volte, specie con quelli che stimavamo più fidati e più amici, si finisce, dopo tante delusioni, con l'odiare tutti e col credere che in nessun uomo vi sia qualcosa di buono. Non succede così?» «Proprio così» risposi. «E non è ingiusto, questo? Non è forse vero che chi si comporta così evidentemente vive tra gli uomini senza averne nessuna esperienza? Se infatti li conoscesse appena, saprebbe che son pochi quelli veramente buoni o completamente malvagi e che per la maggior parte, invece, sono dei mediocri». «In che senso?» ribattei. «È lo stesso delle cose molto piccole e molto grandi. Credi forse che sia tanto facile trovare un uomo o un cane o un altro essere qualunque molto grande o molto piccolo o, che so io, uno molto veloce o molto lento o molto brutto o molto bello o tutto bianco o tutto nero? Non ti sei mai accorto che in tutte le cose gli estremi sono rari mentre gli aspetti intermedi sono frequenti, anzi numerosi?» «Ma certo» riconobbi io. «E non credi che se si facesse una gara di malvagità, pochissimi arriverebbero tra i primi?» «È probabile» ammisi. «Altro che» disse. «Ma su questo punto, non si può fare un parallelo tra le discussioni e gli uomini. Il fatto è che tu hai continuato a discutere e io ti son venuto dietro. Si può vedervi una relazione, invece, in questo senso, quando uno presta, cioè, troppa fede a una tesi e la ritiene buona senza conoscerla a fondo e poi in un secondo momento, gli sembra falsa, a volte anche a ragione, ma a volte a torto, e quando questo gli capita spesso... Tu sai bene che quelli che si perdono in discussioni sul pro e sul contro finiscono col credersi dei sapientoni e di essere i soli ad avere intuito che niente a questo mondo, e tanto meno le discussioni, è stabile e sicuro, e credono che tutto, come nell'Euripo, vada su e giù, senza sosta, senza un momento di tregua» «È proprio vero, è così !» affermai. «Ebbene, Fedone» riprese, «sarebbe una cosa veramente deplorevole se, con tutte le tesi vere e sicure che vi sono e vengono riconosciute tali, soltanto per il fatto che ci si imbatte in altre che, pur essendo sempre le stesse, ora ci sembrano vere ora false, si finisse col dare la colpa non a se stessi e alla propria incapacità ma, per la stizza, agli argomenti e si passasse tutta la vita a odiare e maledire ogni discussione privandoci, così, della verità e della conoscenza della realtà».

(Cap. 39 dal Fedone di Platone)

domenica 4 dicembre 2011

The eye of the Mind (Riflessioni a tempo perso)


Dopo aver superato gli ostacoli letterari imposti dalla scuola, visitato Aci Trezza e "maledetto" Giovanni Verga, ho deciso di dedicarmi ad un libro a mia scelta. Ho deciso di dedicarmi ad uno di quelli che si incrociano con lo sguardo durante le giornate, li intravedi sulle mensole, nella loro posizione tristemente ornamentale, e accade che alcuni di loro emanino una fascino inspiegabile, che prima o poi ti porta ad aprirli. E’ accaduto così per Cecità di Josè Saramago, un “romanzo importante”, un libro che a detta di molti ha lasciato un segno nella letteratura contemporanea: consapevole di andare incontro ad un opera dal contenuto piuttosto impegnativo e con una trama spesso caratterizzata da crudezza e violenza, ho iniziato la lettura, fiduciosa che l’ aspetto poetico e allegorico mi avrebbero aiutato a sopportare il peso del racconto. Per ora le mie aspettative si stanno rivelando esatte, il libro è certamente impegnativo, ma Saramago riesce, con un qualcosa di magico, a tirare di forza il lettore nella storia. Non voglio però soffermarmi sul contenuto del libro piuttosto su una frase che prelude al romanzo: “Se puoi vedere guarda, se puoi guardare osserva”. Nasce da questo spunto la riflessione che espongo in queste righe, considerando che il libro parla della perdita della vista, mi  è parso quasi naturale intendere che il “vedere” di cui si parla trascenda il suo solito significato per guidare il lettore nel comprendere come spesso il mondo manda segnali che non si possono captare come si fa con un immagine. Come ha detto qualcuno prima di me “Non si vede bene che col cuore, l’ essenziale è invisibile agli occhi”, ma cos’ è questo essenziale? L’ essenziale è quel qualcosa che arriva dritto allo stomaco, è una vibrazione che non può essere mediata se non con l’ emozione. Abbiamo gli stessi amici da anni, ma quanto spesso accade di non apprezzarli veramente, talvolta è difficile riscoprire quel legame che ci unisce, perché nascosto dal tempo, dal rancore, dall’ abitudine. Per proteggerci da qualcosa o qualcuno che, sappiamo, ci farà stare male, non lo guardiamo negli occhi, ma nell’ attimo in cui abbassiamo le difese, quella stessa vibrazione che ce n’ ha fatto innamorare, ci rimbomba dentro e non possiamo far finta che di non averla sentita. Succede lo stesso quando parliamo del passato, ripercorriamo episodi a cui non abbiamo assistito e non è facile immaginare quando e come siano accaduti perché non ne abbiamo avuto esperienza diretta, ma basta trovare una foto che ritragga la nostra città, distrutta dai bombardamenti, in cui però sullo sfondo intravediamo un edificio, un monte, un monumento noto, per capire come quell’ oggetto c’ era prima e c’ è ancora, eravamo noi a non essercene accorti. La realtà che si “vede” in questo senso non conosce tempo, è quella creata dalle emozioni delle persone di ogni epoca: le poesie, le storie, le canzoni, i quadri emanano sensazioni sempre vive e moderne, che fanno parte di questo “altro mondo”, una fonte da cui tutti possiamo attingere, e che è inesauribile, perché continuamente alimentata da chi riesce a “guardare” alla realtà cogliendone i legami, da chi la “osserva” non limitandosi così più a vivere, ma a far risuonare se stesso nell’ arte.