“Guardare e ri-guardare con occhi nuovi” questa potrebbe
essere la frase adatta per sintetizzare la settimana trascorsa a Lourdes: abbiamo
visto qualcosa, ma ci è data la possibilità di osservare di nuovo e meglio.
Perché, e soprattutto, in che modo? Tutto ha inizio quando qualcuno ci fa una proposta (quella
di partire o ripartire) e noi, magari senza nemmeno sapere bene il motivo,
diciamo “sì”. Ci si mette in viaggio
e si arriva davanti ad una Grotta che ad alcuni dei nostri compagni di
avventura ha già detto diverse cose, ad altri invece non fa che presentarsi in
tutta la sua silenziosa imponenza.
Normale, quindi, che i “nuovi” comincino a guardare
incuriositi, un po' meno scontato il fatto che chi si trova a Lourdes per la
quinta, sesta, settima volta, vedendo a distanza di tanto tempo lo stupore
brillare nei loro occhi, abbia la sensazione di rivivere vecchie emozioni in
modo più profondo che mai.
Il gruppo di quest'anno era composto in maggioranza da
ragazzi che per la prima volta affrontavano questa avventura e il loro
entusiasmo, la loro voglia di fare, la loro felicità sono stati doni preziosi
per tutti coloro che a Lourdes avevano già ricordi e pensavano di aver
terminato il proprio “tempo” davanti alla grotta di Massabielle. I loro occhi
sono stati i nostri nuovi occhi. Ma una prospettiva “diversa” di Lourdes ce
l'ha offerta anche l'organizzazione speciale che il Service des Jeunes ha
creato per la settimana, pensata come una “mini GMG” in comunione spirituale
con Rio. L’universalità della fede è sempre una grande risorsa: apre nuovi
orizzonti a chi già in cammino e soprattutto “travolge” chi si accosta, con la
spensieratezza e l’estrema sensibilità della propria adolescenza, all'essere
cristiani. Abbiamo sperimentato questa “globalità del credere” in quei cinque
giorni effettivi di “JMJ avec Rio” nei quali abbiamo conosciuto, molto di più rispetto
agli anni passati, ragazzi nostri coetanei provenienti da tutto il mondo per vivere un'esperienza unica. Siamo
infatti stati testimoni di una commistione inedita: la gioia di una GMG (in cui
si ritrovava lo “spirito”, oltre che le magliette, di Madrid) unita al raccoglimento di un luogo come Lourdes
dove la realtà pare deformarsi per inquadrare gli ultimi, i sofferenti nel
corpo e nello spirito. Non è facile descrivere l'atmosfera respirata in quei
giorni, “E’ indescrivibile a parole” dicono sinceramente Azzurra e
Tiziano, ma una cosa è certa, aggiungono: è un'esperienza che “ Riempie il
cuore di gioia”. Quest'anno non abbiamo fatto solo servizio con i malati,
ma anche catechesi, messe alla Grotta, veglie di preghiera e abbiamo avuto
possibilità di andare più agevolmente alle piscine come pellegrini. E'
certamente questa l'esperienza che ha maggiormente segnato Damiano il quale
afferma “Ho provato una sensazione di pace che mi ha profondamente toccato
il cuore” che cosa bella, ma al tempo stesso strana da dire in
merito ad una realtà che molti superficialmente considerano roba “da vecchi” o
“da bigotti”. “Ti annoierai perché
pregherai e basta” era stato detto ad
Alessia prima della partenza, ora può certamente dire che non è andata così.
I momenti di catechesi, di altissimo livello,
sono stati solo una parte delle intense giornate trascorse insieme nella
condivisione totale di gioie (e anche di qualche disagio ed imprevisto).
Momenti di prova serviti a farci riflettere su quanto siamo fortunati ad avere
tante piccole e “banali” comodità e che
hanno rinsaldato in poco tempo i legami. Infondo è proprio questo il “vero
miracolo di Lourdes”: accogliersi, “sentirsi accettati” come ha
detto Alice, aspettarsi, sostenersi, migliorarsi reciprocamente. “Qui si
vede l'anima” ha affermato Azzurra, ecco il motivo della gioia di cui si
parlava: abbiamo trovato, o ritrovato, un luogo dove cade ogni maschera. Rimane
ancora però un ultimo, importantissimo, passo da fare: capire che quel luogo
possiamo e dobbiamo portarlo dentro di noi. “Diminuire, aprire, uscire”
questi sono i tre verbi che il vescovo di Foligno monsignor Sigismondi, ci ha
lasciato al termine dei suoi tre giorni di catechesi: diminuire le proprie
esigenze, aprirsi al prossimo ed essere segni dell'amore di Dio, poi “uscire”.
Uscire da se stessi, dai limiti del proprio egoismo e interesse, uscire ad
annunciare che la felicità trovata è qualcosa di reale, un regalo che possiamo
avere ogni giorno. Del resto era proprio il tema della JMJ “Andate e fate
miei discepoli tutti i popoli!” ed è stato l'oggetto
dell'ultima omelia “Se avete provato gioia in questi giorni, non private il
mondo della possibilità di poterla sperimentare!”: un invio a missione che
anche il Papa ha lanciato ai giovani a Rio e che probabilmente a casa non avremmo compreso. Ora non resta che
tornare a camminare sulle nostre strade, pronti a diffondere tutto quello che
c'è stato insegnato: un esempio? Il fatto che per capire cosa vuole davvero il
nostro cuore occorre risalire il flusso dei nostri pensieri, e se non
riusciamo, andare a vedere “Dove guardano i vostri occhi?”. Solo così
potremo imboccare una strada di verità che ci porterà lontano e avremo la
certezza di ritrovarci, perlomeno con il cuore, tutti quanti a Cracovia.
Irene
Bertelloni