domenica 30 ottobre 2011

Temporale

Dove nascono le nuvole?
Le conosci solo quando sono già arrivate, nere, altere, pesanti. Si spingono, si reggono, si fondono in un' unica macchia che immensa aleggia sopra la tua testa, ed è proprio quando distogli lo sguardo che la pioggia ti sorprende con la sua fredda insistenza. Allora non resta che attendere e cercare riparo negli angoli più intimi e protetti, lontano dal freddo, lontano dall' umido che si attacca alla pelle. Oppure le vedi passare in silenzio, animate solo dal vento che le spinge a sorpassare le cime più alte, dove non sai se lasceranno lacrime. Rimmarrà di quel giorno un ricordo appannato, come di un tempo passato nell' attesa di volgersi, e ritrovare il sereno.

Pensiero notturno

A volte la mia mente ti oscura, ti mette in un angolo, appannando la tua immagine, sommergendola con mille altre idee. Ti vedo, ti sento, ma non mi risuona dentro la tua presenza. Poi, d' un tratto, attraversi la coltre di buio, il tuo sguardo mi sorprende e mi ritrovo indifesa. So che dovrei distogliere lo sguardo, ma non ci riesco e sono persa, tristemente ingenua, come chi non vuole aprire gli occhi per non svegliarsi da un sogno bellissimo e non capisce che la realtà ha già preso il sopravvento.

mercoledì 19 ottobre 2011

E sempre bella era: il vento le scopriva il corpo,
spirandole contro gonfiava intorno la sua veste
e con la sua brezza sottile le scompigliava i capelli
rendendola in fuga più leggiadra. Ma il giovane divino
non ha più pazienza di perdersi in lusinghe e, come amore
lo sprona, l’incalza inseguendola di passo in passo.
Come quando un cane di Gallia scorge in campo aperto
una lepre, e scattano l’uno per ghermire, l’altra per salvarsi;
questo, sul punto d’afferrarla e ormai convinto
d’averla presa, che la stringe col muso proteso,
quella che, nell’incertezza d’essere presa, sfugge ai morsi
evitando la bocca che la sfiora: così il dio e la fanciulla,
un fulmine lui per la voglia, lei per il timore.
Ma lui che l’insegue, con le ali d’amore in aiuto,
corre di più, non dà tregua e incombe alle spalle
della fuggitiva, ansimandole sul collo fra i capelli al vento.
Senza più forze, vinta dalla fatica di quella corsa
allo spasimo, si rivolge alle correnti del Peneo e:
«Aiutami, padre», dice. «Se voi fiumi avete qualche potere,
dissolvi, mutandole, queste mie fattezze per cui troppo piacqui».
Ancora prega, che un torpore profondo pervade le sue membra,
il petto morbido si fascia di fibre sottili,
i capelli si allungano in fronde, le braccia in rami;
i piedi, così veloci un tempo, s’inchiodano in pigre radici,
il volto svanisce in una chioma: solo il suo splendore conserva.
Anche così Febo l’ama e, poggiata la mano sul tronco,
sente ancora trepidare il petto sotto quella nuova corteccia
e, stringendo fra le braccia i suoi rami come un corpo,
ne bacia il legno, ma quello ai suoi baci ancora si sottrae. E sempre bella era: il vento le scopriva il corpo,
spirandole contro gonfiava intorno la sua veste
e con la sua brezza sottile le scompigliava i capelli
rendendola in fuga più leggiadra. Ma il giovane divino
non ha più pazienza di perdersi in lusinghe e, come amore
lo sprona, l’incalza inseguendola di passo in passo.
Come quando un cane di Gallia scorge in campo aperto
una lepre, e scattano l’uno per ghermire, l’altra per salvarsi;
questo, sul punto d’afferrarla e ormai convinto
d’averla presa, che la stringe col muso proteso,
quella che, nell’incertezza d’essere presa, sfugge ai morsi
evitando la bocca che la sfiora: così il dio e la fanciulla,
un fulmine lui per la voglia, lei per il timore.
Ma lui che l’insegue, con le ali d’amore in aiuto,
corre di più, non dà tregua e incombe alle spalle
della fuggitiva, ansimandole sul collo fra i capelli al vento.
Senza più forze, vinta dalla fatica di quella corsa
allo spasimo, si rivolge alle correnti del Peneo e:
«Aiutami, padre», dice. «Se voi fiumi avete qualche potere,
dissolvi, mutandole, queste mie fattezze per cui troppo piacqui».
Ancora prega, che un torpore profondo pervade le sue membra,
il petto morbido si fascia di fibre sottili,
i capelli si allungano in fronde, le braccia in rami;
i piedi, così veloci un tempo, s’inchiodano in pigre radici,
il volto svanisce in una chioma: solo il suo splendore conserva.
Anche così Febo l’ama e, poggiata la mano sul tronco,
sente ancora trepidare il petto sotto quella nuova corteccia
e, stringendo fra le braccia i suoi rami come un corpo,
ne bacia il legno, ma quello ai suoi baci ancora si sottrae.


(Le Metamorfosi, Ovidio) -Apollo e Dafne-

giovedì 6 ottobre 2011

Elogio di un genio moderno

Qualche settimana fa, mi era capitato per caso di ascoltare il video del discorso di Steve Jobs a Stanford. Chiamato a rivolgersi ai dei neolaurati, il creatore di Macintosh, il non - laureato, uomo di successo Steve Jobs cattura per quindici minuti gli ascoltatori con un monologo unico nel suo genere, perfetta mescolanza di autubiografismo e filosofia, "sogno americano" e disillusione di chi ha visto la sua vita sul procinto di finire più volte: per crisi, frustrazioni, malattie. Wikipedia, (che sì, per ora è ancora aperta) lo definisce "imprenditore e informatico statunitente", ma è certamente la prima componente che lo ha reso grande: Jobs non è un nerd che trascorre i suoi pomeriggio rinchiuso in un mondo virtuale, è un giovane disorientato come tanti altri che finito il liceo non sa che fare della sua vita. E' in questo bivio che emerge il suo essere intraprendente, Jobs fa fruttare i suoi interessi, triplica le sue quotazioni personali, inventa l' Apple II, il primo personal computer, fonda Macintosh viene cacciato dalla sua stessa azienda, cade, intuisce il valore culturale ed economico di Pixar, NeXt e le acquista per poi rivenderle e sfruttare quanto imparato  e rendere sempre più grande la linea Apple. Come tutte le grandi azioni, le sue mosse hanno comportato numerose e varie conseguenze, e come tutte le grandi imprese non si sa bene se chi le ha compiute si sarebbe immaginato tutto ciò che ne è derivato: da universitario fallito Steve è il padre putativo di internet, una delle menti che hanno reso il mondo sempre più globale astratto e personale. La musica da tenere in tasca,  internet sempre a portata  mano, i libri digitali, sono i primi frutti di una mentalità nuova che varca i limiti della comunicazione e della condivisione, sono la forza che tiene Jobs dal non franare nella retorica durante il suo discorso: la pragmaticità.


Quando avevo 17 anni, lessi un brano che diceva più o meno: "se vivi ogni giorno come se fosse l'ultimo, prima o poi lo sarà veramente". Rimasi impresso, e da allora, per gli ultimi 33 anni, ho guardato nello specchio ogni mattina e mi sono chiesto: "se oggi fosse l'ultimo giorno della mia vita, vorrei veramente fare quello che sto per fare oggi?" E ogni volta che la risposta fosse "No" per troppi giorni di seguito sapevo di aver bisogno di cambiare qualcosa. Ricordare che morirò presto è stato lo strumento più importante che mi ha consentito di fare le scelte più grandi della mia vita. Perchè praticamente tutto - tutte le aspettative, l'orgoglio, le paure di fallire - tutte queste cose semplicemente svaniscono di fronte alla morte, lasciandoci con quello che è veramente importante. Ricordarsi che moriremo è il modo migliore che conosco per evitare le trappola di pensare di avere qualcosa da perdere. Siete già nudi. Non c'è nessun motivo per non seguire il vostro cuore."

La genialità di Jobs pone le sue basi su questa voglia di rischiare, di andare oltre: a quello che è sicuro per cercare ciò che è incerto ma rende felici, a ciò che già esiste per cercare qualcosa di meglio e vivere sempre con coraggio e intraprendenza. Per dirla a modo suo "Stay hungry stay foolish".




 

martedì 4 ottobre 2011

Emozione


La poesia è un viaggio dentro il mondo,
che prezioso si ripara dietro all’ evidenza.
E’ discesa, profonda e dolorosa,
dall’ impalpabile che subito si coglie
all’ essenza dell’ emozione più remota,
che dà magia alla nostra vita
e vola, insieme a noi.

                                                          Irene  09-05-2010

Dedica


Nel bianco silenzio che prelude all’ avventura,
adagio il tuo nome.
Perché il viaggiatore ricordi
che il cammino a cui si appresta
è illuminato dal tuo sorriso.
                                                                 Irene 21 – 1- 2011

JMJ Madrid 2011

Vi posto ora un pezzo che ho scritto dopo l' esperienza della giornata mondiale della gioventù che si è svolta a Madrid nell' agosto di quest' anno. Certamente una delle esperienze più importanti della mia vita.


"Siamo tornati a casa da quattordici ore, meno del tempo che abbiamo trascorso su quel pullman che ci ha portato via da Madrid. Le immagini, le parole, i suoni di questi giorni continuano ad affollare la mia mente,  a riempire i miei occhi. E’ stata la mia prima Gmg, ho cercato di partire senza alcuna aspettativa, fidandomi completamente di Dio, del fatto che tutto ciò che avrei incontrato sarebbe stato un dono ed avrebbe avuto un senso: così è stato, le mie esperienze di fede precedenti, le più forti, avevano avuto come caratteristica principale l’ intensità, il servizio, il silenzio. Madrid invece è stato un capitolo nuovo nella mia vita di credente, ho presto capito che di silenzio ce ne sarebbe stato poco, la concentrazione sarebbe stato un qualcosa di raro, da conquistarsi pian piano. La Gmg è stato l’ incontro con un Dio diverso, il Dio dell’ allegria, della festa che non è solo la libertà di cantare in metropolitana, di salutarsi senza conoscersi, di ridere e scherzare con tutti, è la festa del capire che sei legato a milioni di volti da un qualcosa di più profondo dell’ origine. Chi è dunque Cristo per noi? Monsignor Tettamanzi ci ha fatto più volte questa domanda, Cristo per me è ciò che da senso a questa esperienza, perché è ciò che mi lega a tutti i volti che ho incontrato. Grazie a quale altra garanzia una signora avrebbe aperto la sua casa a sei ragazze mai viste prima? In base a cosa avremmo dato una mano a un ragazzo sconosciuto? Perché ci saremmo riappacificate con persone con le quali non si condivide neanche la lingua?. E’ questa la più grande magia di Madrid, l’ unione profonda che si è manifestata la notte della veglia, quando i nuvoloni neri si sono avvicinati, accesi dai lampi, spinti dal vento, quando l’ elettricità è saltata, quando l’ euforia avrebbe potuto trasformarsi in panico, quando però qualcosa è scattato e ce l’ abbiamo fatta. “Sembra stia smettendo di piovere, le vostre preghiere vengono ascoltate, continuate a pregare!”. Allora ha avuto senso tutto il resto, l’ aver sofferto ore di caldo torrido per fare catechesi insieme, l’ aver camminato in lungo e in largo, l’ aver vinto il sonno e la sete: tutto è tornato, tutto ha avuto valore perché racchiuso nella gioia dello stare insieme in nome di una fede e di una speranza più grandi. “Non è facile essere amici per dieci giorni” non è facile, convivere per dieci giorni, sorreggersi, attendersi, spronarsi finendo per capire quante cose diamo per scontate, quanti atteggiamenti non avevamo calcolato, quante persone avevamo sottovalutato: dunque è vero, possiamo dire “Cristo è colui che fa conoscere l’ uomo all’ uomo” e quel cuore, che avevamo lanciato oltre il muro, con tanta fatica e tante emozioni, ce lo siamo davvero ripreso.
Grazie a tutti"

Mi presento...

Chi mi conosce bene sa che da parecchi anni, alla domanda "Cosa vuoi fare da grande?" io, con un misto di timore e sfida, rispondo "scrivere". All' inizio di questo anno scolastico così particolare, l' ultimo, alla fine del quale dovrò fare delle scelte davvero importanti per il mio futuro, ho deciso di creare uno spazio in cui riversare i miei pensieri, i miei scritti e quindi le mie esperienze e i miei sogni. Non so bene dirvi qual è il genere che mi rappresenta, non so bene spiegare "cosa" scrivo ma posso dirvi che lo faccio perchè nella scrittura l' emozione non stoppa le parole, ma le abita e le illumina...Scrivere è un modo per fermare gli attimi e raccontare è certamente una delle cose più belle del mondo.
Grazie a tutti coloro che vorrano leggere, sbirciare, commentare qualcosa di ciò che pubblicherò qui dentro. Irene.