giovedì 20 settembre 2012

Lourdes 2012: Qui è come una seconda casa



E’ sempre una sfida provare a raccontare la settimana trascorsa a Lourdes, per la diversità degli stati d’animo con cui ciascuno dei partecipanti vive questa avventura, ma soprattutto per l’ unicità delle sensazioni provate, tanto intime e private da risultare quasi ineffabili. Alla partenza, il 22 luglio, ci siamo accorti con facilità che stava avvenendo un grande cambio generazionale: molti dei partecipanti  infatti andavano a Lourdes per la prima volta. Proprio l’età e l’esperienza hanno determinato la divisione del lavoro durante la settimana: i maggiorenni che lo desideravano hanno potuto fare servizio alle piscine, mentre gli altri hanno prestato servizio in ospedale o portato carrozzine, ma la peculiarità del “campo” si è dimostrata anche quest’ anno nella costante condivisione di ciò che si è vissuto durante le giornate, nei momenti di riunione serali.
Questo nostro settimo anno di servizio ha dimostrato con chiarezza una cosa: Lourdes sa parlare al cuore di ognuno di noi. Pur nella nostra diversità infatti, credo che nessuno possa dire di essere tornato a casa esattamente identico a com’è partito, perché tutti noi ci siamo accostati, ognuno a modo proprio, a quella grotta e ne abbiamo ricavato un periodo di silenzio per capire cosa fare della nostra vita, un momento di avvicinamento alla fede, un’occasione di ritrovo nella gioia, un tempo in cui mettersi in gioco. A differenza degli anni passati, in alcuni giorni il lavoro è venuto a mancare e nel gruppo è serpeggiata una delusione comprensibile, condivisibile, ma ripensando a quei momenti ora possiamo realizzare come siano stati utili perché ci hanno dato l’opportunità di prenderci un istante e guardarci dentro, stringere nuove amicizie o migliorarsi sempre più in attesa della prossima occasione di dare concretamente una mano: anche per tale motivo si può dire che quei cinque giorni effettivi trascorsi a servizio, siano stati in quest’ edizione, giorni (anche) al servizio di noi stessi. Giorni in cui interrogarci sulla provocazione che Don Piero ci ha lanciato ad inizio settimana donandoci un ciondolo con metà volto di Gesù e dicendoci: “trovate l’ altra metà di questo volto durante giorni che vivrete qui”: osservando la grande e meravigliosa eterogeneità della nostra comitiva, abbiamo realizzato che Dio quest’ anno si è fatto prossimo non solo mostrandosi nei malati che abbiamo incontrato ma anche unendo al nostro gruppo Sara Matteo e Francesca, i piccoli, che ci hanno arricchiti con il loro entusiasmo e la loro spontaneità, e nonna Giannina che grazie all’ avvicendarsi dei ragazzi ha potuto condividere con noi ogni momento, persino la Via Crucis affrontata sotto il caldo sole del pomeriggio.

E’ stato questo uno dei momenti, guidati da Padre Giancarlo, che ci hanno fatto approfondire il tema “Ave Maria”, l’ ultimo del triennio iniziato con il “Segno della croce” (2010) e “Padre Nostro” (2011): una riflessione sulla preghiera del Rosario, che risulta per noi al tempo stesso semplice e complessa nel suo richiedere concentrazione e silenzio “interiore”. E proprio mettendo in atto quanto appreso, provando a pregare con animo nuovo davanti alla grotta, alcuni di noi hanno sperimentato le emozioni per loro più vive e hanno visto sorgere le riflessioni per loro più intense. Lourdes è il luogo della luce, un bagliore apparso 154 anni ma che risplende ancora oggi: la luce si rifrange in mille angoli e diventa il lume dei flambeaux, la commozione negli occhi dei pellegrini accolti alle piscine, i sorrisi degli anziani accompagnati all’ adorazione, le candele che prolungano le preghiere di vicini e lontani. Ognuno dei pellegrini che vivono Lourdes diventa specchio in cui si riflette tale bagliore e contribuisce alla sua diffusione: venire qui è capire cosa veramente può voler dire essere “luce del mondo”. Il silenzio in cui ci si immerge non dà risposte ma in esso si può cercare di scoprire, confermare, verificare, fondare ciò che si prova e davanti alla grotta, di là dal Gave dove Bernadette a detto l’ ultimo addio al “suo cielo”, si può chiedere il dono della pazienza per attendere, della pace per accettare, della semplicità e dell’ umiltà per realizzare di non poter capire ma soprattutto la grazia di continuare a crescere insieme, nell’ attesa di tornare. Una delle cose di cui siamo più grati infatti è avere un posto dove andare e scoprire sempre di più noi stessi: ogni anno, all' arrivo a Lourdes, si prova la sensazione di recuperare una parte di noi che, durante il passare dei mesi, non è mai riuscita ad abbandonare del tutto la grotta. Così non si è potuto far altro che contemplarla da lontano, immersi nei mille altri pensieri della vita quotidiana, attendendo di poter ritornare ai piedi dei Pirenei e completarsi, aggiungendo anche quest' ultimo tassello mancate.
Come si dice “Home is where the heart is” e Lourdes si configura quindi sempre più come una seconda casa, una sorgente di affetti profondi e sinceri, un banco di prova con cui misurarsi, una fonte da cui attingere forza per continuare aldilà dei dubbi e delle difficoltà, una prova da cui si esce stanchi nel fisico ma molto più uniti nello spirito.
In occasione della grande messa internazione dei giovani, abbiamo avuto l’ occasione di suonare e cantare insieme e il senso del brano scelto è ciò che ci portiamo a casa, la convinzione che soprattutto quando le nostre strade  diventano “vuote e silenziose, deserte e sconosciute” Dio può “illuminare” il nostro cammino e sussurrarci “no non avere paura, se nel buio il tuo cuore un giorno perderai, io verrò da te, come un padre ti dirò: coraggio sono io”.
 

Irene Bertelloni