domenica 8 gennaio 2012

Presepe Vivente Interattivo


C’ è una profonda differenza tra vivere il Presepe Vivente da spettatori o da personaggi, perché coloro che hanno dato vita, in questi giorni, agli abitanti di Betlemme o di Gerusalemme hanno cominciato il loro cammino verso la capanna, qualche mese fa, e come ogni viaggio che può definirsi tale, ci sono stati imprevisti, ripensamenti, scoperte. Ho cominciato la mia seconda avventura come popolana nel Presepe Vivente Interattivo tre anni dopo la prima volta, cresciuta, maturata ma, devo ammetterlo, con entusiasmo “timoroso”, per i molti impegni e per la compagnia con cui cominciavo quest’ esperienza. Non so bene cosa mi ha fatto trovare la forza di non mollare, di mantenere l’ impegno preso, forse il ricordo positivo dell’ edizione passata o forse quella forza che spinge a fare certe cose per un motivo che al momento ci sfugge ma che appare poi in tutta la sua chiarezza, e così è stato. Ho capito fin da subito che quest’ anno sarei necessariamente dovuta uscire dalla mia casetta di Betlemme, che Sarah (questo  è il mio nome ebraico) avrebbe dovuto fare  passi avanti, conoscere nuovi compagni di strada. Superato il blocco iniziale, mentre un po’ di tensione  infondo resta sempre, ho imparato ad esprimere un po’ meglio i miei pensieri, a leggere sui volti delle migliaia di persone che ho incontrato le loro attese, le delusioni, le domande non espresse. E’ incredibili la diversità delle reazioni che i tanti visitatori hanno avuto alle nostre domande: alcuni sono riusciti a guardarci in faccia e ci hanno parlato, mentre camminavano, altri invece non aspettavano altro che potersi fermare e porci, magari con sfida, domande insidiose, ma la maggior parte aveva voglia di entrare un mondo diverso, dove poter in un certo senso tornare ingenui e curiosi. Tra le tante parole dette, tra le tante storie sfiorate, voglio condividerne una particolare: la sera del 5 gennaio mi viene chiesto di cambiare postazione, accetto.
Per mia fortuna mi viene messa accanto Ester, molto più esperta e preparata di me, grazie alla quale posso entrate con facilità in contatto con quasi tutti i visitatori che arrivano, vista l’ ora tarda, a gruppi di dieci o quindi persone. La postazione ci aiuta, si tratta di una cantina arredata a casa, che attira  la curiosità di chi vi passa accanto, fin da subito vediamo tante persona sbucare dalla porticina, restare sull’ uscio ad osservare e commentare sotto voce: cogliamo l’ occasione per invitarli ad entrare e, se vogliono, a sedersi con noi. Riusciamo a parlare quasi con tutti ma resta ovviamente un certo distacco, anche perché siamo all’ inizio del percorso e la gente è ansiosa di proseguire. Ecco però che tra un’ ondata e un’ altra, si affacciano alla porta una giovane ragazza e una signora: a differenza degli altri, accettano subito e molto volentieri di sedersi un po’ con noi, sono loro a porre domanda, la ragazza ci guarda sorridente, profondamente interessata alle informazioni che le stiamo dando. Ripetiamo a tutti quelli che entrano (da un mezz’ ora buona ormai) di Joshua, di Miriam, di Joseph e di come sono arrivati in città, ma mentre racconto alle due donne questa solita storia, ogni parola acquista una sfumatura nuova, diversa, aggiungo dettagli, capisco che quello che sto dicendo ha davvero un valore per lei che mi guarda con occhi pieni di una curiosità quasi infantile che si mescola con la sensibilità e la serietà dell’ adulto. Il nostro incontro, il nostro confronto, perché questo è stato, è durato almeno tre minuti, cosa rara, e dopo averle detto quanto so, le ribadisco che io infondo non sono ancora stata a vedere quel bambino, e che magari: “Voi potente andare e…”, “E tornare a raccontare!” dice lei. Prima di andare ci chiede se può farsi una foto con noi, aderenti al nostro personaggio non cadiamo nella trappola, rispondiamo “foto? non so di cosa parli…”, “Voglio portare a casa il vostro ricordo” ci spiega, a questo punto, molto volentieri, accettiamo. E quando la vedo uscire dalla porta, penso che non sarò più qui quando avrà finito il giro e visto Joshua, il turno ormai è alla fine e non potrà veramente “tornare a raccontare” perché Sarah sarà tornata ad essere Irene,  il Presepe sarà chiuso  e la finzione avrà lasciato spazio alla realtà, ma forse c’ è qualcosa di questa magia che posso e devo portare con me…